UNA CAJA PARA LA LUZ
Cappella Santísimo Sacramento. Martín de la Jara (Sevilla)
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Anno costruzione: 2027

Anno progetto: 2016

Stato: Costruito

Posizione: Parroquia Ntra. Sra. del Rosario. Martín de la Jara (Sevilla)

Promotore: Archidiócesis de Sevilla

Architetto: Pablo M. Millán Millán

Contributori: Javier Serrano Terrones (Architetto tecnico)

Costruzione: Juan Lola Construcciones

Fotografo: Javier Callejas Sevilla

IL SOLE CHE SORGE DALL’ALTO CI VISITERA’

In quibus visitaci, oriens ex alto

Pensare a uno spazio destinato ad accogliere il Santissimo Sacramento è pensare a un’area ben precisa all’interno di un tempio, il Sancta Santorum, luogo dell’incontro con Dio. Se analizziamo come nel corso della storia dell’architettura questi spazi si sono materializzati, osserviamo un’importanza radicale della geometria e una forte direzionalità. Con queste premesse, Diego de Siloé disegnerà un innovativo progetto rinascimentale per la cattedrale di Granada con l’unico obiettivo di essere un imponente ostensorio o più tardi Leonardo de Figueroa farà lo stesso con il barocco San Luis de los Franceses.

Ogni giorno, da est a ovest, all’alba di un nuovo mattino, la Chiesa cattolica ripete il canto del “Benedictus” nella preghiera delle Lodi. Il movimento della terra significa che sempre, ad ogni ora, in qualche angolo del mondo, la notte sta cedendo il posto alla chiarezza e

germoglia questa preghiera È la stessa che ci racconta l’evangelista Luca (Lc 1,78), nata come lode dalla bocca di Zacaria, il padre di Giovanni Battista, quando seppe dell’imminente nascita di suo figlio, un fatto che avrebbe cambiato la sua vita, cancellando il debito che lo aveva lasciato senza parole per la sua mancanza di fede.

In questa canzone, quasi alla fine, si dice “per la tenera misericordia del nostro Dio, il sole che sorge dall’alto ci visiterà”. La Luce, secondo l’esperienza teologica di Zacaria, viene dall’alto ed è la prova quotidiana della bontà di Dio verso il suo popolo. Evidenziare questa verità è stata senza dubbio l’intenzione di creare uno spazio in cui solo un’apertura in alto mostra quotidianamente ai parrocchiani della cappella che Dio è con il suo popolo.

La costruzione di questa piccola cappella nasce dall’esigenza della chiesa attigua di introdurre luce. Nasce così il progetto da un’unica riflessione, creare “una scatola per la Luce”, con il duplice significato di essere una scatola che contiene la luce per il resto del tempio e di essere un luogo che conterrà la Luce per tutti i cristiani : il Santissimo Sacramento La ricerca della luce, forse il compito più importante di ogni architetto, è diventata latente in questo progetto creando uno spazio contenitore che, per il suo orientamento e apertura zenitale, è in grado di introdurre chiarezza in tutta la chiesa. sarà bianco e pulito. Seguendo questo stesso criterio, il pavimento del resto del tempio sarà cambiato con l’obiettivo di una maggiore luminosità.

La ricerca di uno spazio essenziale, spoglio, senza alcun elemento che possa snaturare ciò che è radicalmente importante in una cappella sacramentale, ci ha portato a optare per un’architettura francescana, sobria, pulita nelle forme e nell’ornamento. La precisione ricercata in uno spazio con queste caratteristiche sarà determinata da una geometria rigorosa, radicale, senza alcuna opzione che possa essere motivo di dispersione. Così uno spazio concentrato sarà uno spazio illuminato e pulito, uno spazio in cui il Santissimo Sacramento è il centro e, in modo quasi teofanico, la luce ne è la prova.

Testo di Alberto Campo sul progetto

LUMEN CRISTI

 

Lo spazio sacro che l’architetto Pablo Millán ha costruito per i francescani a Siviglia è uno spazio veramente bello e sobrio, sacro e francescano.

Sacro perché quando si è lì, non si può fare a meno di riconoscere la luce divina che da lì emana, e rimanerne affascinati.

Quando ero piccola, ero affascinata dalla liturgia pasquale nella meravigliosa cattedrale di Cadice, dove ci portavano i miei genitori. E ricordo con commozione quando, tutta buia dapprima, risuonò, ripetuta tre volte, in crescendo, la “Lumen Christi”, cantata dal diacono vestito di una dalmatica bianca. Tutti abbiamo risposto con “Deo gratias”, anche questo in crescendo. E alla fine ci fu la luce, la luce della risurrezione. E ora, qui, riconosco questa luce divina.

L’architetto ha risolto questo spazio con pochissimi elementi. Pavimento e zoccolo in marmo bianco Macael. Lucernario longitudinale che è la fonte di luce dall’alto. E pareti e soffitti dipinti di bianco. Niente di più e niente di meno.

E così, in questo modo semplice, si è fatta qui la luce del Signore risorto, la “Lumen Christi”. La luce che il nostro architetto è riuscito a portare in questo piccolo spazio, con la semplice semplicità dello spirito di San Francisco.

 

Alberto Campo Baeza